Pasqua 2018
Questa notte abbiamo vegliato in attesa che venisse rinnovato l’annuncio della nostra salvezza, la bella notizia della Risurrezione: Gesù il Nazareno, il Signore, è risorto! Abbiamo vegliato come alcune donne, tra le quali anche Maria di Magdala, ci racconta l’evangelista Giovanni. Da quella notte si sono moltiplicate le leggende su questa donna, di cui sappiamo per certo soltanto questo: la notte in cui tutti erano rassegnati alla morte, insieme a pochissimi altri, vegliava, ricordandoci che di fronte «a chi decide di Amare, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno che non rotoli via». Fuori da questo amore, lontani dall’amore che abbiamo imparato contemplando la Croce e che godiamo davanti al sepolcro vuoto di Cristo, nulla ha senso, non c’è salvezza, non c’è vita.
Come possiamo riconoscere Gesù nella nostra vita quotidiana? Come possiamo vivere la stessa esperienza di Risurrezione? Maria porta le sue inquietudini agli apostoli, primo nucleo della comunità cristiana che è la Chiesa. E Pietro e l’altro discepolo corrono a vedere, e lungo il cammino c’è chi va più veloce e chi va più lento, chi entra subito e chi rimane fuori. Al mattino di Pasqua capiamo che cosa è la Chiesa: una comunità di uomini e donne che si sono sentiti amati da Dio, nei gesti e nelle parole di Gesù Cristo; una comunità di uomini e donne, che credono, che tradiscono, che riconoscono il Signore e che spesso non comprendono la sua Parola, ma la custodiscono nel loro cuore; una comunità di uomini e donne che si lasciano continuamente provocare e convertire da questo amore, e non si rassegnano davanti al peccato e alla morte; una comunità di uomini e donne, che in forza del loro Battesimo guardano, desiderano, agiscono, decidono, vivono, stanno al mondo da Risorti, cioè come coloro in cui il peccato è sconfitto e su cui la morte non ha più potere. Fuori dalla Chiesa, fuori da questa Chiesa, difficilmente si potrà comprendere l’evento e la possibilità della Risurrezione.
«Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette». L’evangelista Giovanni ci ha abituati allo stratagemma di non indicare il nome proprio di qualche protagonista del suo racconto, per ricordarci che a noi, oggi, è chiesto di vivere lo stesso: di entrare in questo luogo dove attraverso il vangelo, l’eucaristia e gli altri sacramenti e attraverso la carità reciproca, riconosciamo Gesù il risorto; di entrare in questo luogo, dove a causa del peccato il Signore sembra assente, e invece continua a operare meraviglie di Risurrezione. Di entrare, vedere e credere.