Cari fratelli – l’omelia di Natale di don Pietro
Dopo un Avvento passato nell’attesa ed un’intensa Novena di preghiera, ecco che ci troviamo a celebrare il grande evento della nascita di Gesù. Evento che si è verificato soltanto una volta 2018 anni fa, in uno sperduto villaggio della Giudea. In questi giorni, vediamo ovunque alberi addobbati, strade illuminate, vetrine scintillanti, supermercati affollati e scaffali colmi. Perché tutto questo? Perché è Natale. Ci sorge allora spontanea la domanda: che cosa è il Natale per noi?
Per molti, il Natale è un ricco cenone o un pranzo consumato con amici e familiari. Per altri, il Natale ha il gusto del panettone e dell’immancabile spumante. Per altri ancora, è l’occasione per trascorrere questa settimana in vacanza. Ebbene: tutto quanto questo non è il vero Natale! Tutt’al più, possiamo considerarlo la cornice del Natale.
Il Natale vero è qualcosa di straordinario, è la festa della nostra salvezza! E’ il tempo nel quale il Figlio di Dio si è incarnato e, come dice il Catechismo, “si è incarnato per salvarci” cioè per farci dono del paradiso che era stato perduto.
Per compiere questa opera, Egli scelse la strada più sofferta. Il Figlio di Dio sarebbe potuto nascere in una reggia, tra le più sofisticate comodità; invece lo ritroviamo in una grotta, di quelle dove i pastori erano soliti ripararsi dalle calamità.
Ha raccolto intorno a sé le persone più umili; quei pastori che, avvisati dagli angeli, si portarono subito alla grotta e, con i lori pochi e poveri doni, riconobbero in quel bambino il vero Figlio di Dio, il Messia atteso da secoli e preannunciato da tutti i profeti di Israele.
Avrebbe potuto scegliere l’appariscenza dello sfarzo ed invece sceglie di nascere nella più cruda povertà. Al giovane che poi più avanti, durante la sua attività pubblica, gli chiederà: “Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Mc 10,17), Gesù risponderà: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri […] e vieni! Seguimi!” (Mc 10,20-21); poiché però quel giovane era ricco ed aveva molti beni, rattristato, voltò le spalle a Gesù e se ne andò. E ancora, ad un tale che gli disse: “Ti seguirò ovunque tu vada” (Lc 9,57), Gesù prospetta i disagi della sequela dove “le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58).
Avrebbe potuto scegliere la strada degli onori, delle ricchezze di questo mondo, ed invece sceglie la strada della sofferenza. Perseguitato da Erode che, appena nato, lo vuole uccidere e perseguitato, per tutta la sua vita terrena, da quegli scribi e quei farisei che, non riconoscendo in Lui il Messia, continuamente, lo tormentano. San Paolo ci dice, infatti, che tutta la vita di Cristo è stata crux et martyrium, croce e martirio.
Con tutto questo, ecco Gesù vuole insegnarci ancora oggi, nascendo ultimo tra gli ultimi, che dobbiamo essere umili e non riporre la felicità nelle ricchezze, negli onori e nei piaceri di questo mondo.
Cari fratelli, come ha detto Papa Francesco nella sua ultima udienza “si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra.” Ecco, se non vogliamo sbagliare festa, riflettiamo su queste cose ed allora il Santo Natale sarà per noi veramente un tempo di gioia, di letizia e di pace nel cuore.