Nato ad Acquaviva Picena l’8 marzo 1924, ordinato presbitero il 27 giugno 1948.
Dopo essere stato vicario parrocchiale alla “Santissima Annunziata” in Porto d’Ascoli (1948-1953) e parroco a “San Michele” in Ripatransone (1953-1972),
è il primo parroco a “San Martino” in Grottammare dal 1972 al 1999 e amministratore parrocchiale alla “Madonna della Speranza” dal 198… al 1999.
Dal 1999 è parroco emerito. Continua il suo servizio prezioso, nella celebrazione dell’eucaristia nella chiesa di “San Martino”.
Don Pietro
4 Gennaio 2021Don PietroUna mattina di maggio, dopo la forzata assenza causata dalle restrizioni dovute al Covid-19, accompagnato da Franco e Michele in sacrestia, per prepararsi alla messa delle 9,30, don Pietro ha gli occhi illuminati, e alzando le braccia in alto mi grida: «Finalmente! Erano 4 mesi!». Era la sua gioia di essere tornato a celebrare l’eucaristia con la sua comunità parrocchiale.
Non era facile carpire i sentimenti di don Pietro. Sempre molto silenzioso, chiuso nei suoi pensieri, timoroso di essere inopportuno. Ma ogni tanto ci concedeva qualche eccezione, qualche confidenza, quel gesto, quella battuta spiritosa, quel consiglio. Ogni tanto. Senza esagerare mai.
Ma quando pensava ai suoi parrocchiani, gli si illuminavano gli occhi. Quanto amore per i suoi parrocchiani. E ringrazio il Signore, perché un po’ di quell’amore ha toccato anche me, in tanti modi e in tante circostanze.
Ora don Pietro entra in Paradiso. Me lo immagino, con lo sguardo pieno di stupore, che alza le braccia e dice: «Finalmente! Erano 96 anni!». Mentre si gode il sorriso del Padre della Misericordia, che ha cercato, amato e servito, per tutto il suo pellegrinaggio terreno.
Caro don Pietro, non dimenticarti di noi, in qualche modo fatti sentire, ogni tanto. E se per qualche malaugurata circostanza dovessimo smarrirci, aiutaci a ritrovare la strada, come hai sempre saputo fare. Con la preghiera e un po’ di “Carolina”, se necessario. [...]
10 Marzo 2019Don PietroCarissimo don Pietro, a nome di tutta la Comunità Parrocchiale di Madonna della Speranza e del suo Consiglio Pastorale, eccoti gli auguri più belli per il tuo 95° compleanno: di cuore, immensamente, tanti tanti tanti auguri!
Il tesoro più grande che Dio ha messo nelle nostre mani è la vita ed ogni candelina in più, è un’opportunità nuova regalata per vivere nell’amore. In questo momento ognuno di noi – a seconda dell’età che ha e dell’intensità del rapporto che lo lega a te – riporterà alla memoria la tua presenza dentro il proprio percorso personale, lungo tutti questi anni. Senza però nostalgia o rimpianti, solo con gratitudine e riconoscenza.
Gratitudine al Signore, innanzitutto, per il dono della tua vita. Una vita appassionata al Vangelo e dedita ad una Chiesa locale che ha avuto e sempre ha riconosciuto nel suo Parroco, l’immagine del Pastore Buono che non abbandona mai il gregge a lui affidato.
Gratitudine poi a coloro che hanno saputo collaborare col buon Dio nella realizzazione del suo progetto su di te: i tuoi genitori, la tua amatissima sorella Maria, chi ti ha sostenuto nel tuo ministero e tutta quella tua famiglia che ora, fortemente, ti si stringe intorno come Zio, con amore e cura: Anna, Paolo e Davide.
Sei la prova vivente di come – con i tuoi 95 anni, affidandosi totalmente al Signore – si diventa “grandi” insieme…e con il tuo 70° anniversario sacerdotale festeggiato lo scorso giugno, “grandi” ci hai fatto sentire davvero! I tuoi, sono anni preziosi. La tua, tra noi, una presenza vivificante!
Per questo, l’ultimo GRAZIE oggi lo rivolgiamo a te. In primis perché “semplicemente esisti” poi perché, in tutti questi anni, sei stato una presenza costante anche quando la malattia e la stanchezza avrebbero provato l’animo di chiunque. Tu invece, tenace, sei tornato in parrocchia, su quell’altare, per il Signore!
GRAZIE don Pietro per questa tua meravigliosa testimonianza di fede.
GRAZIE per ogni tuo anno speso, a piene mani, come dono.
GRAZIE per il tuo semplice ma intenso volerci bene, soprattutto nella preghiera.
Il Signore, che conosce i nostri giorni, nella Sua grazia ti custodisca e ti benedica. [...]
25 Dicembre 2018Don PietroDopo un Avvento passato nell’attesa ed un’intensa Novena di preghiera, ecco che ci troviamo a celebrare il grande evento della nascita di Gesù. Evento che si è verificato soltanto una volta 2018 anni fa, in uno sperduto villaggio della Giudea. In questi giorni, vediamo ovunque alberi addobbati, strade illuminate, vetrine scintillanti, supermercati affollati e scaffali colmi. Perché tutto questo? Perché è Natale. Ci sorge allora spontanea la domanda: che cosa è il Natale per noi?
Per molti, il Natale è un ricco cenone o un pranzo consumato con amici e familiari. Per altri, il Natale ha il gusto del panettone e dell’immancabile spumante. Per altri ancora, è l’occasione per trascorrere questa settimana in vacanza. Ebbene: tutto quanto questo non è il vero Natale! Tutt’al più, possiamo considerarlo la cornice del Natale.
Il Natale vero è qualcosa di straordinario, è la festa della nostra salvezza! E’ il tempo nel quale il Figlio di Dio si è incarnato e, come dice il Catechismo, “si è incarnato per salvarci” cioè per farci dono del paradiso che era stato perduto.
Per compiere questa opera, Egli scelse la strada più sofferta. Il Figlio di Dio sarebbe potuto nascere in una reggia, tra le più sofisticate comodità; invece lo ritroviamo in una grotta, di quelle dove i pastori erano soliti ripararsi dalle calamità.
Ha raccolto intorno a sé le persone più umili; quei pastori che, avvisati dagli angeli, si portarono subito alla grotta e, con i lori pochi e poveri doni, riconobbero in quel bambino il vero Figlio di Dio, il Messia atteso da secoli e preannunciato da tutti i profeti di Israele.
Avrebbe potuto scegliere l’appariscenza dello sfarzo ed invece sceglie di nascere nella più cruda povertà. Al giovane che poi più avanti, durante la sua attività pubblica, gli chiederà: “Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Mc 10,17), Gesù risponderà: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e vieni! Seguimi!” (Mc 10,20-21); poiché però quel giovane era ricco ed aveva molti beni, rattristato, voltò le spalle a Gesù e se ne andò. E ancora, ad un tale che gli disse: “Ti seguirò ovunque tu vada” (Lc 9,57), Gesù prospetta i disagi della sequela dove “le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58).
Avrebbe potuto scegliere la strada degli onori, delle ricchezze di questo mondo, ed invece sceglie la strada della sofferenza. Perseguitato da Erode che, appena nato, lo vuole uccidere e perseguitato, per tutta la sua vita terrena, da quegli scribi e quei farisei che, non riconoscendo in Lui il Messia, continuamente, lo tormentano. San Paolo ci dice, infatti, che tutta la vita di Cristo è stata crux et martyrium, croce e martirio.
Con tutto questo, ecco Gesù vuole insegnarci ancora oggi, nascendo ultimo tra gli ultimi, che dobbiamo essere umili e non riporre la felicità nelle ricchezze, negli onori e nei piaceri di questo mondo.
Cari fratelli, come ha detto Papa Francesco nella sua ultima udienza “si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra.” Ecco, se non vogliamo sbagliare festa, riflettiamo su queste cose ed allora il Santo Natale sarà per noi veramente un tempo di gioia, di letizia e di pace nel cuore. [...]
9 Ottobre 2017Don Pietro / Vita della comunitàDomenica, 8 ottobre, la nostra Comunità ha vissuto un momento di grande gioia ed emozione. Una bellissima vicinanza a don Pietro – dentro un gesto speciale, a ricordo della sua presenza tra noi – che rimarrà negli occhi e nel cuore di chi è voluto ed ha potuto esserci per festeggiarlo.
Tra i tanti a salutarlo, ha riconosciuto volti di chierichetti cresciuti, ha rincontrato giovani di ieri, catechisti ed educatori suoi vicini, insieme a tante famiglie di oggi. Tutti lì a dargli una parola o stringerlo in un affettuoso abbraccio. Qualcuno sorridendo ha detto: “Vi siete dimenticati di portare la-Carolina!”.
Carissimo don Pietro,
quest’anno abbiamo ricordato i 45 anni di presenza nella nostra comunità. Anzi possiamo dire che sei stato il fondatore di questa parrocchia, essendo il primo parroco di “San Martino” dal 16 aprile 1972.
In questi anni hai servito la Chiesa, donando la tua vita al Signore e alla gente della Valtesino di Grottammare, che negli anni hai visto crescere, nel numero e nella fede, tanto che fu necessario costruire questa nuova chiesa e il nuovo oratorio, sotto la guida di don Anselmo.
Quando nel 1999 sei andato in pensione, hai continuato il tuo prezioso servizio con umiltà, fedeltà e obbedienza, nella chiesa di “San Martino”, che riapriremo entro la fine dell’anno.
E anche adesso, che il peso degli oltre novant’anni si fa sentire, non rinunci a condividere con noi la mensa eucaristica domenicale. Ma soprattutto continui a servirci, con la tua preghiera e la testimonianza di vita.
A giugno, nei giorni della Sacra Giubilare, celebreremo i tuoi 70 anni di sacerdozio, e allora, insieme al Consiglio Pastorale, abbiamo pensato di porre un piccolo segno per esprimere la nostra gratitudine: da oggi il nostro oratorio si chiamerà “Oratorio don Pietro Rossi”.
don Dino e la comunità parrocchiale
Grottammare, 8 ottobre 2017 [...]
20 Aprile 2017Don PietroLa domenica di Pasqua nell’eucaristia delle 10 una bella sorpresa e una felice coincidenza. Dopo un lungo periodo di convalescenza a casa, causato da un incidente domestico, don Pietro è tornato nella nostra comunità. Un po’ affaticato per il lento recupero delle forze, ma molto emozionato per la gioia grande per ritrovare la comunità cristiana che per tanti anni ha generato alla fede e servito nella carità.
Alla fine della celebrazione don Pietro ha preso la parola, rivolgendo a tutti il saluto pasquale, che sono soliti scambiarsi i cristiani d’Oriente: “Cristo è Risorto, alleluia!”.
Poi ha ricordato la felice coincidenza: proprio il 16 aprile del 1972, cioè quarantacinque anni fa, iniziava il suo servizio di parroco a San Martino. Ha esternato a tutti la sua gioia di aver celebrato insieme la Pasqua, senza negare il suo rammarico per non aver potuto essere nella chiesa di San Martino (chiusa in seguito al terremoto) e per la sua non ottimale condizione fisica. Ma poi ha subito aggiunto di continuare a servire la nostra comunità, offrendo anche le sue attuali sofferenze. Dopo aver citato Giobbe: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche i mali?“.
Mentre gli assicuriamo la nostra preghiera, ringraziamo il Signore per il dono della sua presenza tra noi.
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8 Marzo 2017Don PietroOggi don Pietro compie 93 anni. Ancora convalescente per un piccolo incidente domestico, è presente nella nostra comunità con la sua preziosa preghiera e l’affetto per la “sua” parrocchia.
Oggi, con alcuni parrocchiani, abbiamo celebrato insieme l’eucaristia per ringraziare il Signore di tutti i suoi doni. E poi le candeline sulla torta spente tutte d’un fiato.
Auguri di buon compleanno, caro don Pietro! [...]
26 Giugno 2016Don PietroIl 27 giugno 1948 don Pietro diventava prete. Benediciamo il Signore per il suo prezioso servizio alla Chiesa e alla nostra comunità e rileggiamo questa intervista, rilasciata qualche anno fa a L’Ancora online.
Don Pietro, ci racconti in quale ambiente ha preso vita la sua vocazione; lei ha sempre saputo che avrebbe fatto il sacerdote?
Cominciai a fare il chierichetto a 6 anni, vivendo in un ambiente molto diverso da quello che è oggi. Dopo la quinta elementare desiderai entrare in seminario ma i miei genitori, molto poveri, non poterono mantenermi in quello diocesano. Andai allora a Roma dai Paolini e lì frequentai fino al quinto ginnasio, poiché nel ‘40 scoppiò la guerra; tornai in vacanza a casa e i miei genitori non vollero che facessi ritorno a Roma perché avevano paura. Venne il padre spirituale da Roma a convincere i miei genitori a farmi tornare da loro, ma poi andai nel seminario di Fermo, dove frequentai il liceo e i primi due anni di teologia; gli ultimi due anni li feci a Fano, perché il seminario di Fermo venne chiuso per la guerra. Nel 1948 fui ordinato sacerdote nel mio paese, Acquaviva, dall’allora vescovo mons. Pietro Ossola; sono forse l’unico sacerdote rimasto ordinato dal monsignore.
La sua famiglia l’ha sostenuta nella sua attività di sacerdote?
Mia madre non era tanto contenta, mio padre non se ne curava molto.
I suoi genitori la educavano alla religione?
Sì, mia mamma era tutta casa e chiesa! Si adoperava volentieri per aiutare chiunque, specialmente i malati. Non fu molto contenta della mia vocazione perché ero l’unico figlio maschio e voleva che portassi avanti il cognome della famiglia. Ho due sorelle, di cui una morì prestissimo, a 11 mesi. L’altra invece sta ancora con me, 93 anni finiti da pochi giorni, ma è malata.
Un ricordo bello che ha della sua famiglia?
Ho ricordi dolcissimi di mia madre, che mi ha accompagnato sempre, fino al momento della morte; mio padre invece morì presto, dopo 3 anni che fui ordinato sacerdote, a causa di un’embolia polmonare.
Divenuto sacerdote in quali parrocchie si è fermato?
I primi cinque anni andai a Porto d’Ascoli con don Marino Ciarrocchi, di due anni più giovane di me: mi trovai molto bene, mi sentii accolto dai ragazzi e con loro formai un bel gruppo di giovani, di cui tre o quattro andarono in seminario ma non continuarono il cammino. Subito dopo, nel ’53 fui mandato parroco a Ripatransone nella parrocchia di San Michele Arcangelo e lì rimasi diciotto anni; ebbi diversi incarichi dal vescovo Radicioni: il cinema parrocchiale, il circolo Acli e fui aiutante del presidente della Pontificia Opera di Assistenza, che si occupava dell’assistenza alle parrocchie, in particolar modo delle colonie estive. Ho lavorato per più di 20 anni alle colonie, a San Benedetto, a Grottammare e a Ripatransone e ho organizzato diversi campeggi a Foce di Montemonaco. Dopo diciotto anni mons. Radicioni mi ha mandato parroco qui a San Martino dove sono rimasto ventisette anni, senza casa: ho dovuto usare la chiesa per tutto, per il catechismo, per gli incontri.
Qui non c’erano locali?
No, costruimmo la casa dal niente e nel 1983, l’ultimo anno di permanenza del vescovo in diocesi, egli venne a celebrare qui la cresima nel giorno in cui inaugurammo la casa parrocchiale, che io non ho mai abitato perché la diedi ad una famiglia bisognosa che ci abitò per tredici anni, gratuitamente.
Nel frattempo lei dove risiedeva?
Io ho abitato a casa di mia sorella in zona Ascolani a Grottammare.
C’è qualcosa della sua attività che cambierebbe?
No, mi sono sempre adoperato molto e sono felice di questo. A San martino ho creato io la parrocchia e al mio arrivo contava mille anime; dopo 27 anni di servizio, l’ho lasciata a tremila persone. Dovetti fare di tutto e quando arrivai fui accolto non molto bene dalle persone; ricordo che il giorno della presa di possesso c’erano poche persone alla celebrazione: sia perché la cerimonia non venne organizzata, sia perché aspettavano la nomina di un altro parroco e perché quel giorno c’era un matrimonio importante di una persona conosciuta qui a Grottammare. Ma io non ci rimasi male e approfittai del periodo pasquale per cominciare a incontrare le famiglie della parrocchia con la benedizione delle famiglie e devo dire che fui accolto in tutte; capii allora che c’era molto su cui lavorare ma che ci sarebbero stati anche buoni frutti. Vedevo sempre più gente alla messa della domenica e dato che c’era una messa sola ne misi subito un’altra e un’altra ancora, fino a quando non diventarono quattro. La gente mi aiutava anche nelle spese della parrocchia e durante le giornate missionarie, universitarie, ecc. raccoglievo 3-4 milioni ogni messa, eravamo una delle parrocchie che dava di più in diocesi. Poi quando ho avuto la casa parrocchiale, le aule al piano terreno le usavo per le riunioni, il catechismo, e l’appartamento al piano sopra l’ho dato a quella famiglia povera.
Lei di iniziative ne ha fatte parecchie.
Sì, ho cercato di seguire sia i giovani che le famiglie, che ho aiutato pagando gli affitti, le bollette, perfino la cassa da morto; sentivo che dovevo aiutarli. Le altre famiglie erano tutte piuttosto benestanti, solo coloro che non erano di qui avevano bisogno di un aiuto, specialmente gli zingari.
Il rapporto con i parrocchiani è cambiato rispetto a prima?
Beh, è molto tempo che non vivo più a stretto contatto con le persone, perciò molta gente che è venuta da fuori non la conosco nemmeno.
Quale è una sua qualità?
Sono generoso e aiuto chi ha più bisogno: faccio sia beneficenza materiale, perché quando posso dono parte della mia pensione, sia beneficenza spirituale, perché una parola buona o un consiglio lo regalo a chiunque.
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