Chiesa che ascolta e proclama
Insieme a coloro che in parrocchia svolgono il servizio di lettori abbiamo cominciato a leggere la Dei Verbum, una delle quattro costituzioni del Concilio Vaticano II.
Dopo l’incontro con i lettori dello scorso giovedì 20 ottobre, in cui abbiamo iniziato a leggere la costituzione dogmatica sulla Rivelazione “Dei Verbum“, provo a condividere con tutti qualche riflessione, aiutato da chi era presente.
Se oggi questa Parola è quotidianamente per noi (come testo presente nelle nostre case, nelle liturgie, nelle catechesi) è perché il Concilio ce l’ha ri-donata, dandoci anche gli strumenti per metterci meglio in suo religioso ascolto. Tutto questo mi fa sentire ancor più “responsabile” quando la stessa Parola mi viene affidata per la proclamazione e mi coinvolge il cuore come non mai.
La Chiesa, cioè tutto il popolo santo di Dio, è chiamata a vivere due atteggiamenti davanti alla Rivelazione di Dio. Essa ascolta e proclama.
Ascolta religiosamente, come l’antico popolo di Israele e come i primi discepoli di Gesù, accogliendo e custodendo quotidianamente la Parola di Dio. Dobbiamo perciò interrogarci sullo spazio che diamo a Dio che si comunica a noi? A partire dall’ascolto dell’eucaristia domenicale, che posto occupa la Parola nella quotidianità del nostro pensare, scegliere, agire?
A questo ascolto deve seguire anche la testimonianza, come una proclamazione delle cose belle che il Signore realizza nella vita di ciascuno.
Stare in religioso ascolto: nessuno si inventa la Parola e tantomeno si cambia qualche punto scomodo. Proclamarla con ferma fiducia: atteggiamento di coraggio e disponibilità al messaggio di Dio, annunciandolo senza esitazioni.
Lo stile ci viene indicato nella Prima lettera di san Giovanni: come coloro che hanno ricevuto una bella notizia, ne hanno sperimentato la verità e non riescono a contenerne l’esultanza, volendo contagiarne il mondo intero. Insomma, bisognerebbe giocare in attacco, anziché rifugiarsi in un devoto “catenaccio”.
Scrive sa Giovanni: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena“. (1Gv 1,1-4)
Quando recepisci questo Amore travolgente, cominci ad ascoltare e ad amare anche tu, con la tua vita. Quell’amore è per tutti, non puoi e non devi tenerlo per te, ma donarlo. “Ognuno dovrebbe diventare lui stesso Parola di Dio, rivolta a chiunque”.
Non possiamo sprecare questo tesoro trovato nel terreno della nostra, la perla preziosa, il seme generoso. E neanche possiamo tenerlo tutto per noi, poiché molti, anche vicino a noi, non conoscono Gesù e non sperimentano la salvezza.
Questo mi fa pensare alla sapienza della Chiesa che in molti modi, contribuisce alla realizzazione del fine ultimo dell’uomo cioè amare, e il Concilio ha rappresentato secondo me, un messaggio fondamentale in questo senso.
Qui trovate il testo del proemio, da cui sono scaturite queste riflessioni. Aggiungete le vostre.
In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa sue queste parole di san Giovanni: « Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo » (1 Gv 1,2-3). Perciò seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l’annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami.